Dal 25 aprile al 2 maggio, dopo il rinvio di un anno per l’emergenza del Covid 19, l’Azione cattolica italiana vivrà la XVII Assemblea elettiva nazionale, ‘Ho un popolo numeroso in questa città’, tratto dagli Atti degli Apostoli, momento di confronto e riflessione tra le associazioni diocesane di Ac per progettare insieme il cammino del triennio 2021-2024.
Nella lettera agli associati il presidente, Matteo Truffelli, ha spiegato il significato democratico dell’Assemblea: “L’Assemblea nazionale è alle porte. Arriviamo con gratitudine a questo importante appuntamento, che conclude lo straordinario percorso che ogni tre anni ci consente di verificare e riprogrammare il percorso in cui siamo impegnati e rinnovare le responsabilità associative, dalle più piccole parrocchie d’Italia fino alla Presidenza nazionale, passando per le diocesi e le regioni.
Un anno fa, lo scoppio della pandemia ci ha imposto di rallentare il processo, e ora dovremo celebrarne la fase conclusiva ‘a distanza’, con quelle modalità digitali a cui ormai ci siamo abituati in tanti ambiti delle nostre vite. Non viene meno, tuttavia, il grande valore democratico e partecipativo del nostro camminare insieme: anzi, alla luce del momento storico che stiamo vivendo, la XVII Assemblea nazionale rappresenta un passaggio forse ancora più importante del solito”.
Innanzitutto chiediamo al presidente chiediamo di illustrarci una prospettiva in questo anno: “Questo è un anno molto importante perché porta all’assemblea nazionale, ormai alle porte, che non solo segnerà il ricambio delle responsabilità, ma cercherà di leggere il percorso fatto, ma anche il tempo della nostra Chiesa e della nostra società per capire insieme come l’Azione Cattolica è chiamata a spendersi dentro la realtà. Il cammino di questi mesi è segnato dal desiderio di fare della nostra associazione uno strumento concreto a disposizione della nostra Chiesa e del nostro tempo per realizzare quel disegno di Chiesa, che papa Francesco ha indicato nell’enciclica ‘Evangelii Gaudium’, che è una ‘traduzione’ della Chiesa del Concilio Vaticano II”.
Un’assemblea ‘a distanza’: a quali domande gli associati sono chiamati a rispondere?
“Nuove domande e nuovi bisogni si sono affacciati nella vita delle nostre società, e tante domande e sfide sono state poste anche alla nostra esperienza di fede e alla nostra missione evangelizzatrice. In tutto il mondo, e anche in Italia, la Chiesa si è impegnata per rispondere a nuove necessità materiali e spirituali. E un ruolo importante lo hanno avuto, in questo, i laici, soprattutto nei momenti più difficili: penso alle esperienze di carità promosse anche da tanti soci e socie di Ac e da molte associazioni diocesane o parrocchiali. Penso alla cura e al conforto portati negli ospedali dagli operatori sanitari che assistono i malati in isolamento, al supplemento di disponibilità messo in campo da tanti insegnanti, e da tanti studenti. Agli educatori che hanno continuano a tenere saldo il legame con i ragazzi e le ragazze del gruppo. Alla solidarietà semplice vissuta nei condomini e nei quartieri. Tutti modi importanti di abitare il tempo in cui ci troviamo”.
Il titolo richiama l’enciclica ‘Fratelli tutti’: cosa vuol dire costruire una società fraterna?
“Proprio il sogno di una società sempre più fraterna, al centro dell’enciclica ‘Fratelli Tutti’ che papa Francesco ci ha regalato in questo anno di pandemia, rappresenterà una chiave importante per indirizzare il nostro discernimento. Nell’enciclica il papa propone in particolare una figura di riferimento. Quella del buon samaritano, capace di chinarsi sul suo prossimo, ferito e abbandonato sul margine della strada, per prendersene cura. E’ questa l’immagine che vogliamo fare nostra: per essere un’Ac che sappia farsi prossima, con coraggio e generosità. tra queste strade dovremo saper individuare, in ogni contesto, quelle che potranno portarci vicino a chi sta subendo o subirà maggiormente le conseguenze della pandemia”.
Quindi l’Azione Cattolica è invitata a confrontarsi sul significato di abitare?
“Abitare è un verbo importante per noi, perché significa essere cittadini della nostra Chiesa e della nostra società e quindi responsabili del nostro tempo. Abitare significa assumersi la conduzione della ‘casa’ per creare un spazio aperto ed accogliente alle persone, in cui ciascuno può sentirsi a casa”.